20 gen 2016

Ed io a Vaglio ci andai! Ci volle un anno ma a Vaglio ci andai. (parte 2)

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Dopo la 1 parte del racconto su Franz, soldato italo americano, e il suo viaggio verso Vaglio (Basilicata), Rosario ci regala la seconda parte di quel racconto ascoltato infinite volte e come lui stesso  dice in chiusura : A mia madre che me l'ha raccontata centinaia di volte.

Eccomi sono sempre io, Michael Franz il soldato americano oriundo vagliese che nel '43 arrivai in Italia a Foggia a guidare un enorme autocarro con una stella e la scritta U.S. Army impresse sul cofano del grande motore. 
In italia alla guida di quel mezzo allora, era come essere alla guida di una potente limousine sulla "fifth avenue" di New York. 
L'Italia e le città devastate dalla guerra mi facevano sentire un po' in colpa ma appunto era la guerra. Quella maledettissima guerra! 
 Ciò nonostante qui mi sentivo orgogliosamente italoamericano di sponda italiana e il nostro grigio verde non rappresentava per quegli italiani soldati in guerra, ma cioccolate e sigarette per bambini scalzi ed affamati. 
Dolci sguardi di ragazze da noi affascinate. 
Vaglio a poco più di cento chilometri da qui e mai avrei immaginato che a quel bestione occorressero esattamente sei ore per percorrere quella strada che non aveva un centimetro quadrato di bitume, attraverso piane distese di grano e arrampicate per tornanti a scavalcare borghi di pietre. 
Con me John Altomonte, anche lui di origine italiane, che appena dopo pochi chilometri già
voleva tornare indietro. Un viaggio infinito per strade bianche e polverose. Il sole era quello di mezzogiorno e finalmente un groppo in gola mi strinse il respiro quando un cartello mi indicò: Vaglio Lucano! John dormiva da ore, fu un'emozione tutta mia. I fotogrammi di cosa mi venne raccontato di quel posto, mi misero in prima fila di un cinema all'aperto. 
Entrai nel paese e chiesi nel mio perfetto Vagliese della mia famiglia. 
Loro mi chiesero "a chi appartiën"? 
Io risposi sono Michele il nipote di "Nuccia Pisc'chitunn". 
Da loro, dai miei parenti, mi accompagnò tutto il paese mentre John, che nel frattempo si era svegliato, distribuiva sigarette come stecche di liquirizia. 
Bussai alla porta mezza aperta di una casa ad unico piano, un due vani malconcio, posta a metà di una ripida salita. 
Che strano, pur essendo la prima volta, era come se fossi entrato lì centinaia di volte. 
Di guardia una bambina di cinque o sei anni seduta per terra al centro di una stanza che era cucina, sala da pranzo e da letto, era lì sola, a pulire una montagna di verdure. La presi in braccio, aveva occhi fra il verde e l'azzurro come i colori dell'oceano, mi fissò ed io le dissi: "tu sì Luciettä?" 
Non rispose continuava a fissarmi sorridente quasi come si fissa stupiti, un mago che indovina la sorte. In men che non si dica e non so nemmeno come accadde, mia zia e il resto della famiglia a stringermi in un abbraccio che mai più provai. 
Di quel giorno ancora ricordo che non fu solo una festa di quella famiglia, della mia famiglia italiana, ma dell'intero paese, il paese da dove mia madre partì. 
Non ci tornai mai più, scrissi solo a mia madre questo: Non mandare più pacchi qui! Vivono bene e non gli manca niente. 
 Nel ricordo di un giorno felice, forse un po' finto e troppo generoso da parte di chi imbandì una tavola che per essere vera doveva essere senza cibo. 
Ma Vaglio volle così, oggi si direbbe una "colletta alimentare". È una storia di famiglia, dopo aver ritrovato a distanza di oltre cinquant'anni i parenti di quel Micheal Franz che, mi hanno inviato le foto di quel soldato. 

Una storia semplice e comune a tante altre che a mio avviso, rappresenta i legami ad un luogo. Infine credo che, sia giusto scriverle queste storie, perché ne restasse traccia per sempre, anche se e solo su un profilo di una pagina Facebook. 
A mia madre che me l'ha raccontata centinaia di volte. Share

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