18 ago 2014

Sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XXI secolo

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Vulture e vigneto Aglianico 
“Il Vulture è suggestivo, incanta. Gli oliveti e i vigneti sembra che non abbiano altra funzione che quella di rivestire le pendici del monte [...]. Incanta anche la terra nera delle pendici [...] ricca, generosa che si vorrebbe prendere a piene mani…”. Così scriveva nel 1978 l’autorevole agronomo rotondellese Vincenzo Valicenti, in uno dei suoi tanti studi dedicati alla nostra terra e al paesaggio agrario lucano. 
E ancora, una “terra generosa” diceva della Basilicata Guido Spera, stimato divulgatore agricolo ed eminente artista che illustrò il mondo agro-pastorale lucano della prima metà del secolo scorso. Ma
della Basilicata scrittori, poeti, sociologi e antropologi, viaggiatori stranieri hanno ampiamente rappresentato luoghi, culti e folclore, e per vari autori il pane e il grano sono materia che diviene simbolo di questo territorio. “[...]
Da noi il mondo è lontano, ma c’è odore di terra e di gaggìa e il pane ha il sapore del grano”, riportava il poeta tricaricese Mario Trufelli in una lirica pubblicata nel 1959 nella raccolta “Paese giorno e notte”.
Insomma, la terra lucana è stata descritta in molteplici maniere quale metafora intensa ed emblematica di un Mezzogiorno pregno di asperità, umanità, testimonianze ancestrali, un teatro naturale fra cielo e terra tra sconfinati orizzonti, che disvelano la profonda bellezza di un mondo incontaminato e dalle radici contadine.
Un mondo, come sosteneva Francesco Saverio Nitti, il quale intuì il nesso tra Mezzogiorno ed Europa, che deve trovare il modo di legare la propria visione di spazio locale a quello globale.

prefazione alla pubblicazione
"Note di storia sul paesaggio agrario della Basilicata tra XIX e XXI secolo "
a cura di P. Fuccella - A. Labella - E. M. Lavoràno



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