19 nov 2010

E' tempo di castagne in Basilicata

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Mi sorprendo. Leggo un post sul sito Trentino web che parla di castagne e di Basilicata. Nel continuare la lettura mi accorgo di percorsi ben definiti e informazioni dettagliate. Annotazioni molto più precise ed esaurienti di tanti siti lucani e locali. Scorrendo, poi, mi rendo conto che l'autore di questo articolo è uno dei nomi più importanti della gastronomia e della sua divulgazione, Federico Valicenti.  Scoperto ciò e conoscendo lo spessore in materia... e non solo...mi godo per intero la
lettura del post che qui riproduco.

Da mangiare da sole, arrostite o bollite, impastate nei dolci o sotto forma di marmellata, ma sempre dolci e gustose come ogni anno. Tempo di castagne, una buona scusa per riunire la famiglia e trascorrere tutti insieme una domenica sana e intelligente. La Basilicata oramai è diventata meta preferita dalla vicina Puglia.


Ogni fine settimana in questi mesi di ottobre novembre, intere associazioni, circoli ricreativi, organizzati anche con autobus, famiglie o singole coppie, tratteggiano itinerari delle castagne. Itinerari che portano alla scoperta anche del territorio lucano che inizia ad attrezzarsi anche con sagre e manifestazioni autunnali per intercettare sempre meglio questo segmento di turismo di prossimità.
Dal Melfese al Lagonegrese, dal Pollino al parco della Val d’Agri arrivano centinaia di utenti turisti alla ricerca dei ricci delle castagne, da portare come souvenir o per farli conoscere ai bambini, nelle scuole nelle case. Attraversando questo itinerario fai da te, si riscoprono sentieri naturali, panorami bellissimi, colori d’autunno che solo una Regione ancora integra e vergine come la Basilicata sa offrire.
Gruppi di persone inondano i ristoranti, gli agriturismi gli alberghi portando economia che si fidelizza attraverso la conoscenza della materia prima che ogni bravo oste, ogni bravo cuoco, ogni bravo produttore sa e deve saper vendere, che siano prodotti tipici o castagne. Terra di castagne la Basilicata offre una varietà incredibile di biodiversità.  Saper distinguere il marrone dalle castagne non è di vitale importanza ma arricchisce e accresce la conoscenza, il marrone ha forma più arrotondata con facce convesse, cresce al massimo in numero di due per ogni riccio, ha generalmente colore più chiaro, sul biondo caldo, presenta striature longitudinali abbastanza evidenti. Oltre alla dimensione, i marroni sono più grossi, ma esistono castagne normali anch’ esse assai grosse, la caratteristica più importante nella determinazione della qualità di una castagna, e’ il numero di semi contenuti nella buccia esterna.
Secondo alcuni specialisti, il "marrone" e’ una varietà della castagna dotata di un solo seme, il che significa minore o nulla penetrazione della seconda buccia nella polpa. Questo e’ un grosso vantaggio sia per il gusto sia per la lavorazione pratica del frutto.  Oggi meta di passeggiate in famiglia e di sagre di paese, il valore del castagno è sempre stato il frutto ma anche il bosco, la classica “castagnara”, è stata per secoli un’importante fonte di sostentamento e aggregazione nella civiltà contadina. Chiamato anticamente anche albero del pane il castagno ha avuto un ruolo fondamentale nell’economia della montagna fino a pochi decenni fa. L’albero ha pregi per il legno, che è ricco di tannino, resistente, di lunga durata, buono per la costruzione di travi, mobili e infissi. La Castanea sativa, della famiglia delle fagacee, è ancora oggi una pianta preziosa. La diffusione in tutta l’Europa ebbe inizio con i Greci, fu ampliata dai Romani e proseguì ininterrottamente per tutto il Medio Evo per opera degli ordini monastici Lo scopo di questa estensione era la sua duplice funzione, come risorsa gastronomica, la castagna è un amidaceo, e tecnologica come legname da opera. A partire dal Rinascimento, in concomitanza con il progresso tecnico in agricoltura e con il crescente sviluppo della cerealicoltura, iniziò la crisi del castagno.

Da allora e fino all’Ottocento, il castagno subì un lento e progressivo abbandono, nonostante si verificassero espansioni di portata locale che, nel corso dei secoli, fecero variare la distribuzione della castanicoltura, almeno in Italia. Alla fine dell’Ottocento iniziò il declino vero e proprio della castanicoltura, protraendosi per decenni a causa del concorso di molteplici cause, quali l’evoluzione delle abitudini alimentari delle popolazioni europee, l’introduzione di materiali alternativi come il metallo e la plastica nell’allestimento di manufatti e opere infrastrutturali, civili e agricole, la crisi dell’industria del tannino dopo gli anni trenta, il crescente interesse verso altre essenze forestali da legno, alternative al castagno come la robinia e ciliegio, la pressione antropica sugli ambienti forestali. Anche la cucina di castagne sia fresche che secche, ha avuto momenti di alti e bassi ma ha saputo conservare la memoria delle ricette mantenendosi come gastronomia a base antica e tipica delle mense, che ora trova ampio spazio nei menù dei ristoranti e delle trattorie custodi di ogni Regione.
COME CONSERVARE LA CASTAGNA.
Quello più semplice, utilizzabile anche a casa nostra, e’ l’immersione prolungata, 8 giorni, in acqua a temperatura ambiente. Si rivoltano spesso il primo giorno per fare venire a galla quelle bacate, ma l’acqua non si cambia per tutto il periodo. Poi si sciacquano e asciugano con cura, mettendole al fresco per 2 o 3 settimane, un tempo si azzardavano a conservarle per mesi, in sacchetti di iuta. Ai giorni nostri c’ e’ un sistema ancora più facile; le castagne, infatti, si possono conservare in freezer senza problemi, con soli due accorgimenti: una piccola incisione prima del congelamento se si prevede di arrostirle e la preventiva immersione in acqua per individuare quelle bacate.
Come si cucinano:
Per arrostirle occorre praticare su un lato un’incisione della buccia e poi cuocerle sul fuoco vivo in una padella di ferro bucherellata. Per bollirle, si lessano immergendole in acqua fredda leggermente salata e aromatizzata con foglie d’alloro o semi di finocchio. Sbucciate e passate al setaccio, diventano poi la base classica di moltissime ricette dolci o salate. Le castagne si possono anche lessare o stufare dopo averle preventivamente sbucciate; in tal caso basta incidere la scorza e immergerle per 5 minuti in acqua bollente, sbucciandole immediatamente. A questo punto si lessano con poca acqua e gli aromi più adatti lasciandole disfare o tenendole al dente. . Oppure metterle a stufare in un tegame con burro e verdure come sedano, porri, cipolle, coprirle di brodo e lasciarle cuocere, fino ad ottenere un ottimo contorno o l’ingrediente ideale per ripieni. Partendo sempre dalle cotture descritte si possono ottenere marmellate, gelati, creme salate, budini. Molte ricette tradizionali, come il castagnaccio, la polenta, le frittelle, richiedono l’utilizzo della farina di castagne, acquistabile in qualsiasi supermercato, altre ricette necessitano invece l’utilizzo delle castagne secche. In questo caso occorre farle ammollare in acqua tiepida e ripulirle di eventuali residui di buccia interna prima di cuocerle. Con le castagne secche si ottengono molte classiche minestre della cucina rustica.
PILLOLE
Per fare un buon pasto senza problemi di digestione si possono abbinare le castagne con altri alimenti amidacei e con le verdure, mentre è decisamente sconsigliata la combinazione con la frutta, il latte, l’yogurt ed i formaggi magri. Infine, è possibile mangiare le castagne con i legumi, le sostanze proteiche, la frutta oleosa e i grassi. Ma anche le semplici caldarroste, fruscianti nella pentola di ferro bucherellata, rallegrano un po’ tutti, con voglia di vino novello.
RICETTE
Munnulata” di Castelsaraceno
Ingredienti 300 gr di castagne 150 gr di fagioli 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva 1 spicchio d’aglio 1 cucchiaio di polvere di peperone macinato Procedimento Sbucciare le castagne: corteccia esterna, metterle in acqua fredda per un pò e togliere le pellicine interne quindi bollire le castagne in pignata con acqua e un pizzico di sale, far cuocere evitando una cottura prolungata, non far ammorbidire troppo le castagne. Cuocere a parte i fagioli rossi, preferibilmente, comunque non bianchi, in acqua con un pizzico di sale nella pignata. A cottura ultimata mischiare fagioli e castagne. In una padella soffriggere olio aglio e polvere di peperone,( puparul pisat: u cift) versare nel composto di castagne e fagioli mischiare tutto e servire
La torta di marroni di Marradi
Per l’impasto: 1 kg di passato di marroni 1 litro di latte 4 uova 400 gr di zucchero bustina di vanillina, mezzo bicchiere di rhum, 2 cucchiai di alchermes, un pizzico di sale buccia grattugiata di un limone. Per la sfoglia: 200 gr di farina 1 noce di burro latte e acqua quanto basta.
Procedimento: Intagliare i marroni, soprattutto se ancora freschi, e scottarli su fiamma viva per 2 o 3 minuti utilizzando la padella bucherellata oppure passarli al forno a microonde. Quindi procedere alla sbucciatura. Bollirli in acqua salata per un’ora circa. Scolarli e passarli al setaccio molto fine. Mescolare la purea di marroni con lo zucchero, la vanillina, la buccia di limone, il rhum e l’alchermes. Sbattere le uova e aggiungerle all’impasto. Lasciare riposare per circa due ore. Unire il latte e rimestare bene. Nel frattempo impastare la farina con una noce di burro, il latte e acqua quanto basta per ottenere una sfoglia da tirare col matterello. Rivestire quindi con questa sfoglia la teglia compresi i bordi. Versare quindi il composto di marroni nella teglia non superando l’altezza di 4 cm. Cuocere in forno già caldo a 120° per circa 3 ore facendo attenzione che il composto non raggiunga mai l’ebollizione. Controllare la cottura immergendovi uno stecchino da denti che, a giusta cottura, dovrà uscire completamente pulito. Questa torta deve essere tagliata fredda a losanghe meglio il giorno dopo la cottura. Una variante della ricetta è quella di far cuocere i marroni in metà latte e metà acqua, oppure solo nel latte. In quasi tutte le ricette antiche, la cui caratteristica comune è quella della semplicità massima dei prodotti impiegati, i marroni erano bolliti nell’acqua, cottura che li mantiene interi e li rende più digeribili. Le famiglie ricche cuocevano invece, già in passato, i marroni nel latte, come si usa fare oggi.

venerdì 19 novembre 2010 di Federico Valicenti
www.tracieloemandarini.blogspot.com 
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