31 ott 2010

Carbonari in terra lucana

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Le insurrezioni del 1860 a Viggianello
La Basilicata nella metà del secolo XIX era non solo la regione più estesa del Regno di Napoli e dell'Europa, ma era anche il simbolo degli stessi. Il territorio era costituito da monti elevati, da colline estese e da valli ampie. Aveva tutti i tipi di clima, era il microcosmo del mondo anche per le produzioni agricole che vi si coltivavano.
Molti pensavano che in questa regione il cielo era molto bello, i campi fertili, gli uomini felici; questa regione era il giardino d' Europa.
In realtà le cose non erano così, la gente soffriva la
fame come le bestie e le leggi erano ridotte a capricci. Nelle campagne era sempre presente la
malaria che condizionò la coreografia dei paesi dove accorrevano gli abitanti per sfuggire a quella pericolosa epidemia.
Sulle vette montuose che si estendevano da Nord a Sud, il clima era sub-arido e la
vegetazione era improduttiva.
L' agricoltura e la vegetazione erano poco produttive perché nella stagione invernale l'acqua era troppa e provocava l' ossificazione delle sostanze organiche, mentre la siccità estiva causava l' arresto della vita microbica che impediva la produzione di humus.
Sui suoi mari non c'era nemmeno un porto o un approdo. Tra le popolazioni non c' era
nessun commercio, nemmeno sui fiumi che non erano fiumi veri, ma fiumare, perchè
erano condizionati dalla troppa neve invernale sui monti e non avevano argini .
Dopo l' Appia e l' Aquilia, costruite dai Romani, non furono costruite più strade per le Calabrie e quando quelle due strade furono distrutte dalle intemperie, dal tempo e rese impraticabili, si seguirono i sentieri dei muli, le mulattiere, e delle capre o di altri animali.
Alla fine del secolo XVIII la Basilicata aveva 400.000 abitanti, troppi in rapporto alle sue disponibilità, alle risorse ed ai lenti progressi della regione. Nel successivo secolo XIX la popolazione aumentò ancora di un quarto e superò il mezzo milione di abitanti.
Non fu estranea alla storia del Mezzogiorno che visse intensamente e fece sua, soprattutto nella seconda metà del secolo XVIII con l' avvento della monarchia borbonica. I Francesi promisero molte riforme, molte delle quali erano state già iniziate sotto l' impulso del pensiero illuministico. L' opera dei Napoleonidi disperse l' azione degli anni migliori del riformismo borbonico.
Così in Basilicata, accanto ai vecchi proprietari ed ai vecchi notabili, si affiancarono sulla scena amministrativa e politica i piccoli proprietari che fecero le loro prime esperienze nei quadri intermedi della burocrazia e dell' esercito e non più soltanto nella carriera forense.
La popolazione, nonostante tutto, era scarsa, era solo un ventesimo di quella italiana.
La terra non produceva prodotti specializzati, produceva tutto e, naturalmente,
nulla. I pascoli di quelle terre erano i demani comunali, la cui proprietà era di nessuno, perché venivano utilizzati da tutti.
Dopo il Congresso di Vienna, dove alcuni Italiani impararono ad apprendere l' unità
politica del nostro Stato, i popoli che erano, o si sentivano fratelli, ebbero il desiderio di unirsi tra di loro in un solo Stato o Nazione.
La borghesia, sempre attratta dagli interessi economici, questa volta, per puro caso, fu d' accordo con il popolo solo perchè dietro la diminuzione delle frontiere e delle dogane, vide concretizzarsi gli affari. Questa tendenza diventò un vero e proprio movimento che si chiamò movimento nazionale liberale.
Esso nacque a Parigi e si diffuse in tutta l'Europa, compresi molti Stati asburgici.
Negli anni della rivoluzione, tra il 1850 ed il 1860, l' istruzione in Basilicata fu scarsa perchè c' era una sola scuola: il Ginnasio governativo.
La Carboneria, setta politica nata nelle Calabrie ai tempi dell' occupazione francese contro la Francia e, successivamente si organizzò anche contro l' Austria, preparò i movimenti costituzionali di Napoli e del Piemonte del 1820-21. Ad essa fu affiliato, tra gli altri, Luigi De Filpo di Viggianello e fu più diffusa e più efficace che in ogni altra parte d' Italia. Erano diffusi anche le Congreghe sanfediste dei Calderari o maestri rivellesi, i veri armieri o Trinitari.
Nel 1848 non ci fu solo una esplosione di nazionalità oppresse dallo straniero, nel '48 non ci furono nemmeno insoddisfazione e ribellione della borghesia intellettuale contro gli Stati assolutisti diventati oligarchie affaristiche. Le rivoluzioni del '48, iniziate fra agitazioni generali, toccarono tutta l'
Europa, escluso l' Inghilterra e la Russia. La spinta rivoluzionaria non venne solo dalle città o dai centri di vita culturale e politica, la rivoluzione venne anche dalle campagne. Giuseppe Mazzini, dopo il Congresso di Parigi, mandò a Napoli un disegno di organizzazione che i mazziniani, tra cui i fratelli Albini di Montemurro, attuarono nelle province in modo che le sesse fossero sempre pronte all' azione. Giacinto Albini, il Mazzini lucano, fin dal 1850, organizzò a Montemurro un Comitato che, dopo il terremoto del 1857 che provocò molti danni e numerosi morti, fu trasferito a Corleto Perticara e la direzione fu affidata a Carmine Senise, il nonno materno di Luigi DeFilpo di Viggianello, futuro parlamentare e deputato dell' Assemblea Costituente del 1946. L' Albini intensificò la propaganda antiborbonica per cui fu emesso nei suoi confronti un mandato di cattura dalle Corti di Napoli, Potenza e Catanzaro.
A Viggianello operarono i seguenti patrioti:
Sebastiano Caporale
Luigi De Filpo
Vincenzo De Filpo
Giovanni Gioia
Antonio Mauro
Biagio Palagano
Sebastiano Caporale, II° Eletto nel suo paese nel 1848, simpatizzò per il movimento liberale. Fu incluso nelle liste degli attendibili politici e sottoposto a sorveglianza di polizia.
Luigi De Filpo, nato a Viggianello nel 1801, da Vincenzo e da Maria Gioia, sposato con Giuseppina Andreassi, dottore in Legge, fu affiliato alla Carboneria. Incluso nelle liste degli attendibili politici e sottoposto a sorveglianza di polizia, partecipò ai moti insurrezionali e fu tra le persone sospette in linea
politica. Accettò il programma del Comitato dell' Ordine.
Vincenzo De Filpo, nato a Viggianello il 21 aprile 1832, da Luigi e Giuseppina Andreassi, fu dottore in Legge e abilitato all' insegnamento.
Accettò il programma del Comitato dell' Ordine, partecipò ai moti insurrezionali e fu Presidente della Provincia di Basilicata e Senatore.
Giovanni Lauria, nato a Tortora (CS) nel 1814, da Filippo, laureato in Diritto a Napoli, simpatizzò per il Partito d' Azione e fu Supplente giudiziario a Viggianello. Favorì l' intervento armato in Calabria, partecipò ai moti insurrezionali solo dopo l' inizio degli stessi. Fu coinvolto nei fatti dell' Area del Pollino e nel '48 si distinse nella soppressione dei movimenti legittimisti della stessa Area.
Antonio Mauro, nato da Fedele nel 1818,
Avvocato, I° Eletto e destituito nel '50, simpatizzò per il Partito d' Azione e manifestò sentimenti radicali e liberali. Accettò il programma del Comitato dell' Ordine, favorì gli interventi in Calabria e fu coinvolto nei fatti del Pollino del '48. Fu alfiere della Guardia Nazioanle, si distinse nella repressione dei
moti legittimisti nel Lagonegrese in ottobre.
Biagio Palagano, Sindaco, nato a Viggianello nel 1832, militò nel Partito d' Azione.
Galantuomo, costituì una associazione repubblicana in Viggianello con Antonio
Mauro. Fu tra le persone sospette in linea apolitica e si distinse nella lotta al Brigantaggio.
Il 14 agosto 1860 furono mandati dal Comitato di Corleto Perticara a tutti i paesi lucani inviti e proposte con l' intenzione di marciare su Potenza. Il 16, alle cinque del pomeriggio, sempre a Corleto Perticara, Giacinto Albini e ed suoi uomini presentarono, i primi in Italia, l' Unità d' Italia nella Piazza
del Fosso, detta in seguito Piazza del Plebiscito.
Misero da parte gli stemmi e le insegne borboniche e tirarono fuori le immagini di
Vittorio Emanuele e le bandiere sabaude.
Nello stesso pomeriggio, fino al giorno dopo, giunsero i drappelli dei paesi vicini:
45 armati di Pietrapertosa agli ordini di Saverio Garaguso;
14 uomini da Aliano al comando di Giambattista Leo;
1 colonna da Ferrandina agli ordini di Giacomo Leonardis;
1 drappello da Miglionico comandato da Giambattista Materi;
82 uomini da Missanello comandati al sig. Robilotta;
gli uomini di Giuseppe Bruno da Gorgoglione;
gli uomini di Pietro Bonari da Montemurro;
gli uomini di Nicola Albini da Spinoso.
All' alba del giorno successivo, 18 agosto, tutti gli uomini giunti a Corleto, che erano circa 500, raggiunsero Potenza. Garibaldi arrivò in Basilicata, a Rotonda 14 giorni dopo, il 2 settembre; si fermò solo poche ore in casa Fasanelli. Versosera,in carrozza,si avviò verso Castelluccio. Nella Valle del Mercure, sul fiume Lao, incontrò il colonnello Boldoni. Informato che la strada per Napoli
era pericolosa, si recò verso Laino e quindi nell' interno montuoso, sugli Appennini, per strade interne tra le montagne; fu sul Tirreno, a Tortora fu acclamato dalla popolazione e ricevuto da alcune signore tra cui Isabella Lauria Palagano. Raggiunse quindi il Fortino nei pressi di Lagonegro.
Mentre il dittatore era ancora nei pressi del faro, in Basilicata erano tutti agitati e commossi per i miracoli dell' uomo fatale. Garibaldi, con un Decreto pro-dittatoriale del 25 agosto organizzò la pro- dittatura che chiamò Giunta centrale di amministrazione.
Essa aveva il compito di indirizzare all' impresa usuale gli ordini amministrativi della provincia. All' apice della Giunta c'era il Presidente.
Fu eletto a questa carica Francesco Antonio Casale di Spinoso. Ai problemi della guerra e delle finanze furono deputati Francesco Lovito di Moliterno ed Ercole Ginestrelli di Potenza. Alla Giustizia fu deputato Angelo Spera di Tito. Nicola Alianelli di Missanello, procuratore del re, nel 1848 fu deposto dall' ufficio e fu incarcerato per sospetto di reato e gli fu data la pena del Galeotto.
Il Comitato di Corleto raccolse 7.747 ducati e quello di Potenza 3.468. il 6 settembre ad Auletta Garibaldi nominò Giacinto Albini capo del governo lucano e Governatore della Basilicata, con poteri illimitati.
La strada per Napoli era libera e molti pensarono di approfittarne.
Un certo Giovanni La Cecilia di Napoli, il 27 agosto, mente andava da Potenza a Castrovillari, mandò due delegati da Garibaldi a proporgli di seguire il viaggio prima per Napoli, poi per l'Umbria e le Marche e quindi per Venezia. Avrebbe trovato tutto libero.
Bastava lasciar stare tranquillo il re di Napoli. In cambio avrebbe ricevuto 3 milioni di ducati. Non si sa fino a che punto queste proposte siano state vere o false.
Il governatore della Basilicata costituì un battaglione lucano di volontari di 540.000 uomini, con la ferma di un anno. Elesse poi il Segretario, tre Sotto-intendenti ed i Consiglieri di Intendenza.
Il 21 ottobre, dopo la battaglia del Volturno, fu fatto il Plebiscito per l' annessione del Regno delle due Sicilie al Regno di Sardegna e per proclamare, in nome del popolo, l' Unità d' Italia, con la frase: il popolo vuole l'Italia una e indivisibile, con Vittorio Emanuele, vuole l' Italia costituzionale e i suoi legittimi discendenti. Con molta sorpresa di tutti, si fece sentire la rappresaglia plebea. La Basilicata, la provincia più derelitta e più dimenticata,la provincia
più povera, la provincia più lontana, non era borbonica
. Dopo
il Plebiscito i suoi abitanti si divisero in vinti e vincitori. La parte vinta venne messa al bando del municipio e fu oggetto di soprusi.
Fu inoltre proclamata, in nome del popolo, l' Unità d' Italia, con la frase: il popolo vuole l' Italia una e indivisibile,con Vittorio Emanuele, vuole l'Italia costituzionale e i suoi legittimi discendenti.
La notte del Plebiscito tra il 21 ed il 22 ottobre, con molta sorpresa
di tutti, si fece sentire la rappresaglia plebea30.
Votarono per l' annessione n. 1.303.064 votanti e contro l' annessione.
A San Chirico Raparo e da San Martino d' Agri furono stesi a sventolare sulle acacie nei pressi della piazza degli stracci di lino che inneggiavano al Plebiscito e furono i segni del basso stato dei responsabili, che erano soldati dell'esercito borbonico disciolto da poco.
Le prime ribellioni dei sudditi si manifestarono a Carbone, un paese di 2.500 abitanti. Lì il 22 ottobre, mentre si svolgeva una solenne festa popolare, sull' acacia della piazza apparve l' insegna con la scritta: Viva il sangue di Cristo e la Immacolata Concezione.
Intervenne il Sindaco con undiscorso patriottico ed il Capitano della milizia cittadina Nicola Molfese. Ci fu un tumulto in cui fu ucciso il Molfese, la moglie e la madre,accorse in suoaiuto. La notizia si divulgò subito negli altri paesi vicini, soprattutto a Castelsaraceno.

di Antonio Propato
il quotidianodella Basilicata, 31/10/2008

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1 commenti:

  • 25 aprile 2012 alle ore 14:29
    Anonimo says:

    Interessantissime notizie di storia, altrimenti sconosciuta, per lo meno per me che sono fuori dall'Italia. Grazie Giuseppe, leggo con avidità ogni tua pubblicazione!
    Lucia

    delete